Attenzione: i miei disturbi sessuali non riguardano solo me!

E’ vero, spesso, quando qualcuno viene in consulenza, palesa un proprio disturbo sessuale e tutto il dolore e la frustrazione che questo comporta.

E’ oggettivo che chi soffre di un disturbo sia concentrato su come fare a risolverlo ed è normale che si preoccupi su come questo incida sul funzionamento della coppia.

Ma ha ancora una visione parziale.

Porta da solo il disturbo e il senso di colpa di averlo.

Ma vediamo nel dettaglio alcuni esempi che ci possono far capire perché il disturbo in realtà diventa condiviso e riguarda sempre entrambi i membri.

Caso di un uomo con disfunzione erettile.

L’uomo si sentire frustrato, avvilito, ansioso.

 Sente di non funzionare più come maschio.

Si pone problemi di autostima, si osserva ossessivamente e piano piano, vedendo che non riesce a mantenere l’erezione e a finalizzare un rapporto, smette di cercarlo.

Dolore, ansia, frustrazione e bassa autostima diventano i sentimenti prevalenti e il desiderio sessuale viene messo in cantina, per proteggersi da ulteriori delusioni.

Ora vediamo cosa succede nella testa e nel cuore della donna che sta con lui.

Fa alcuni tentativi per dimostrare di desiderarlo ancora, ma al rifiuto diventa impacciata.

Non sa come porsi. Se si fa avanti sembra che lo voglia pressare, se si ritira si sente in colpa.

Si incastra.

A questo piano piano si somma un senso di inadeguatezza, si sente brutta, poco desiderabile, pensa di fare le cose sbagliate, magari di non essere brava abbastanza.

Piano piano perde fiducia nella propria capacità seduttiva, non ci prova nemmeno più. Il desiderio sessuale si spegne, e viene messo in cantina accanto a quello del marito.

Ora vediamo un caso inverso, donna con vulvodinia che prova dolore durante i rapporti.

Ogni volta è una sofferenza, il dolore da essere presente solo alla penetrazione si diffonde. Anche le altre zone sono coinvolte e al tocco si inizia a provare fastidio, perché si ha paura che provando piacere poi si “finisca lì”.

C’è un ritiro.

Dal petting cominciano a diventare “pericolose” anche le coccole, il tocco al seno irritante, ci si nasconde e si diventa evitanti. Il desiderio si spegne e viene messo anche stavolta in cantina.

L’uomo dal canto suo cerca di essere paziente, capisce, non forza. Piano piano comincia a pensare di essere sempre inadeguato.

Se si avvicina vuol dire che non ha capito che lei sta male e non può. Se non si avvicina significa che non la desidera più e che presto si stuferà e troverà qualcun’altra.

Iniziano le liti e entrambi sono dispiaciuti.

La sessualità diventa affettività, ma per non correre pericoli ci si abbraccia solo con tre strati di vestiti addosso e attenzione a che il bacio non diventi troppo passionale, meglio evitare situazioni pericolose.

Così l’uomo si rassegna, si sente egoista, insicuro, sbagliato. Preferisce ritirarsi.

La cantina ora è piena, in camera da letto invece c’è solo incomprensione.

E’ il momento di chiedere aiuto a qualcuno.

Da queste spirali è difficile uscire da soli.

Entrambi i partner stanno male e serve uno specialista che spieghi intanto come tutto questo sia assolutamente normale e poi come uscirne, più forti, insieme.

Se sono dentro una coppia devo curare la coppia, non il singolo.

La dottoressa Dalla Zonca riceve a Trieste e Udine in ambulatorio e online.